Curioso come un termine possa cambiare il suo significato, diventando un insulto oppure un termine accettabile.
Del secondo gruppo fanno parte moltissimi termini: il primo che mi viene in mente è minchione, che non è propriamente una bella parola, ma che ha perso il significato originario di "grossa testa di..."
Del primo invece fa parte la parola razzista, che mi dà da pensare da diverso tempo.
Il razzista, stando a quanto dice il vocabolario, è chi fa discriminazioni in base alla razza; in pratica chi ritiene la propria razza superiore alle altre, che sono tutte indiscriminatamente inferiori. Questo non è decisamente una bella cosa, ovviamente.
Ma io mi chiedo cosa cambierebbe se sostituissimo la frase "che discrimina in base alla razza", con questa:
"che ritiene le razze diverse tra loro".
Il termine "diverso" è un altro che fa parte dell'elenco delle parole che hanno cambiato significato: diverso vuole dire non uguale, e non migliore o peggiore, ma è con quest'ultima accezione che viene normalmente recepito.
E non ne capisco il motivo.
Se io dico che una pera è diversa da una mela, nessuno trova da ridire.
Ma se dico che un Lappone è diverso da un Maori, allora divento automaticamente razzista.
Mi (e vi) domando: vi pare che un Brasiliano e un Ungherese siano uguali?
Spero per loro che abbiano ognuno gusti diversi, passioni diverse, interessi diversi, e che i loro popoli abbiano tradizioni diverse e diverse storie.
Diverse, ma non migliori o peggiori. Solo diverse.
Ma le diversità sono risorse.
Andiamo a mangiare nei ristoranti etnici proprio per sentire la differenza di gusto degli altri popoli; facciamo viaggi estenuanti per andare a visitare popoli lontani (va be', qui entra in ballo il circuito degli spettacoli per turisti, che niente hanno a che fare con la popolazione vera e propria...)
Temo che il problema sia sempre il solito: è molto facile considerare gli altri diversi da noi; molto meno ricordarsi che, per gli altri, i diversi siamo noi.
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