giovedì 20 ottobre 2011

Pulce non c'è, Gaia sì

Va be', io sono uno che se la prende comoda: il libro di cui vorrei parlarvi è uscito l'anno scorso.
Gaia, l'autrice, e io abbiamo un'amica in comune, Tiziana, che mi aveva anche invitato a una presentazione alla quale, come troppo spesso mi capita, non sono riuscito ad andare.
E mi dispiace parecchio, soprattutto dopo avere letto il libro, perché Gaia dev'essere una persona estremamente interessante.

Cosa si può dire sulla disabilità in generale e sull'autismo in particolare che non sia già stato detto?
Gaia ce lo fa scoprire quasi con leggerezza, raccontando una storia che definire atroce è usare una gentile parafrasi, con il piglio quasi leggero della sorella grande di Pulce, a volte messa un po' in secondo piano, ma che non ne fa troppo una colpa, rendendosi conto della situazione della sorellina.

La storia in poche parole: nella famiglia tutto sommato solida di Pulce, bimba con problemi legati alla sfera dell'autismo (frase complicata, ma più corretta del semplice "autistico", che però preferisco e vorrei usare da qui in avanti) composta da padre, madre e due figlie, che faticosamente era riuscita a trovare un suo equilibrio, arriva improvvisamente la "burocrazia". Nel centro dove viene assistita, Pulce viene sottoposta a quello che si chiama, con involontaria ironia, comunicazione facilitata: in pratica quello che scrive, e che dato il suo "stato" non è esattamente chiaro, viene interpretato da un "esperto".
Il problema nasce nel momento in cui questo esperto "capisce" che Pulce è stata sottoposta ad attenzioni particolari da parte del padre.
I meccanismi perversi della burocrazia innescano una serie di provvedimenti, dei quali la famiglia sulle prime non sa nulla, che iniziano con l'allontanamento coatto di Pulce dalla famiglia, e proseguono con una serie terribile di torture (non ci sono sinonimi) nei confronti di tutti gli elementi, Pulce e sorella compresa.

Il finale, lieto ma non troppo, lascia un po' di amaro in bocca.
Non è il finale la cosa importante, ma la storia E chi l'ha scritta, in modo scorrevole, piacevole anche quando entra in argomenti difficili, e che spinge a proseguire nella lettura.

Se volete leggere un buon libro, che diverte e fa riflettere, che fa incazzare e intenerisce, provate con questo: sono sicuro che non ve ne pentirete :-)

Alla prossima

Mario

lunedì 17 ottobre 2011

Tira una brutta aria #2

Ecco, come volevasi dimostrare nel precedente post, la gente comincia davvero a rompersi le scatole. E dico scatole solo perché, in fondo, sono un signore.

Come tutti sapete sabato scorso (15/10/2011) a Roma, c'è stata una manifestazione di "indignati" , o "indignados" come vengono spesso chiamati.
Fin qui tutto bene, nel senso che un Paese dove ci si può lamentare ha ancora qualche speranza.
Purtroppo, come capita da un po' troppo tempo, la manifestazione pacifica, o comunque violenta solo verbalmente, è stata funestata dai soliti imbecilli bene organizzati che hanno messo "a ferro e fuoco" la nostra Capitale.
Non voglio stare a fare polemiche sulla possibilità di prevenire questi idioti, di isolarli e di metterli nelle condizioni di non fare danno, perché la sicurezza pubblica non è mestiere mio, e probabilmente ci sono considerazioni che non conosco.

Mi sono però positivamente stupito nel vedere molti manifestanti pacifici che hanno cercato di fermare gli stupidi di turno: una signora, per la quale nutro una fortissima simpatia, sebbene trattenuta dal marito che probabilmente valutava le dimensioni dei manganelli in mano agli idioti, cercava di raggiungerli al grido di "Ma diamoje du' pizze a st'impuniti e mannamoli via!".

Per i non avvezzi allo splendido romanesco, la "pizza" in questione non è da mangiare, anche se volendo si piglia direttamente sui denti, ma è la "sberla", lo "scapaccione" che si dà ai bambini cattivi.
Insomma, la signora diceva molto giustamente che se tutti i manifestanti si fossero dilettati nella piacevole attività di pigliare a sberle questi quattro (qualcuno di più) pirla, forse, e dico forse con la sottolineatura, ci avrebbero pensato due volte prima di fare danni.

Tra questi danni anche la ormai famosa distruzione della madonnina.
Personalmente non sono cattolico, per cui per la mia visione della religione quella statua aveva lo stesso valore intrinseco di un nanetto da giardino.
Ma qui parliamo del valore che l'oggetto ha per gli altri. A me non interessa, ma non è detto che quello che non interessa a me non abbia interesse per nessuno.

Si tratta di semplice rispetto, qualcosa che i violenti pretendono ma non hanno intenzione di riconoscere agli altri.

Ultima cosetta a margine: ho molta simpatia, a giorni alterni, per Pannella, radicalmente radicale, che sabato ha provato a mettersi nel corteo, ed è stato preso a insulti e sputi tutt'altro che metaforici.
Ora, al di là della realtà che indica come siano stati i Radicali, all'opposizione ma non troppo, a NON far cadere quel governo contro il quale stavano manifestando, e senza commentare i pallidi, assurdi tentativi di giustificarsi, mi chiedo come sia possibile che una persona di solito attenta alla "piazza" come Pannella non si sia reso conto che la gente è incazzata con TUTTI i politici.
Anche se fosse andato Casini, tanto per dire uno che, senza offesa, ma non ha ancora fatto niente nel bene e nel male, probabilmente l'avrebbero preso a calci nel sedere.

Staremo a vedere, gente

Mario

giovedì 28 luglio 2011

Tira una brutta aria

Non so se capita anche a voi, ma credo proprio di sì.

Da diverso tempo sento sempre più gente incazzata (non ci sono sinonimi in questo caso) nei confronti della cosiddetta "Casta", che ormai tutti fanno coincidere con il termine "politico", in senso generale.
L'opinione più leggera che sento è che "dovrebbero andarsene tutti a casa", ma si arriva anche a minacce più o meno velate di bombe e attentati vari.

Proprio per questo motivo ne ho fatto l'argomento del mio libro "Tabula Rasa": tanta gente così incazzata non può restare in silenzio per sempre.
Un giorno arriverà qualcuno che si prenderà il mal di pancia di organizzare una prima "offensiva", e sono sicuro che molta gente gli andrà dietro.
Non si parla di girotondi (e chi se li ricorda?!) o di cortei, che di quelli ne abbiamo tutti i giorni, basta guardare la povera Parma.
No, qui si parla di un fiume di gente che arriva a Roma arrivando da ogni singola città d'Italia, entra nel Parlamento e porta via di peso tutti quelli che sono dentro, eletti e non eletti.

E poi?

E poi non lo so, ma so che quando voglio fare pulizia nel mio "armadio da lavoro", sempre pieno di roba che non mi servo, io faccio proprio così: tiro fuori tutto e poi lo rimetto dentro. Quello che non ci sta più lo butto.
Non so se si può fare anche con i Politici, ma sono quasi certo che se si dovesse ricominciare da capo, da zero, dopo avere fatto tabula rasa degli attuali governanti, la maggior parte di loro non riceverebbe più tutti i voti che adesso li giustificano nelle loro posizioni.

Spero, almeno.

martedì 28 giugno 2011

Boh TAV

Ammetto di essere relativamente poco attento alla situazione in Val di Susa di questi ultimi anni. Non so per quale motivo, ma a volte ho l'impressione che sia simile a quello che avviene tra marito e moglie, o tra antichi amici, per cui si litiga, ci si guarda in cagnesco per anni, poi lo si continua a fare senza però ricordare esattamente il motivo per cui lo si fa.
Magari sbaglio.

Ho provato a cercare di capire le ragioni del NO e quelle del SI, e sinceramente mi sembra che la questione sia piuttosto semplice: al di là della ragione, essendo noi in una Repubblica Democratica (e, aggiungo, basata sul lavoro), alla democrazia ci dobbiamo appellare.
E questa stabilisce che una minoranza NON può decidere per tutti (a parte la classe politica, ovviamente, ma qui esuliamo dal discorso principale. E poi sono comunque eletti da noi...).

Ora, che i Valsusini, o meglio, la maggioranza di questi non vogliano la TAV mi sembra piuttosto chiaro. Però mi permetto di far notare che la Val di Susa NON appartiene ai Valsusini, ma a tutta l'Italia, e quindi a tutti gli Italiani. Anche se immagino che di quello che capita così a Nord ai Napoletani (tanto per dire) interessi molto poco, soprattutto considerando i problemi che hanno già loro.
Quindi, visto che lo Stato ha deciso che la TAV si deve fare, la TAV si fà, e basta.
E questo lo dico pur dispiacendomi per gli autoctoni.

È evidente come a chiunque darebbe fastidio avere un cantiere che per anni ti deturpa il paesaggio, avere un treno che passa a trecento all'ora vicino a casa (non sarà così, ma questi sono dettagli), che girano le balle quando ti espropriano il tuo terreno pagandolo un quarto del dovuto.
Ma quando i lavori saranno finiti, il treno toglierà traffico su gomma; i convogli non passeranno mai a quella velocità, e comunque la linea verrà costruita lontana, per quanto possibile, dai centri abitati. Senza contare le ricadute positive per l'intera Pianura Padana.
E per anni ci sarà lavoro per i cantieri, lavoro al quale parteciperanno anche gli abitanti della Val di Susa.

Continuo a essere confuso, ma di una cosa sono sicuro: opporsi alla TAV è lecito e sacrosanto. Impedirne la costruzione con la violenza, no.

martedì 17 maggio 2011

Un'occasione perduta

Mi capita spesso di non capire quello che succede, e questo è uno di quei casi.

Incontro molta gente per lavoro, e ci chiacchiero spesso e volentieri; uno degli argomenti preferiti è la nostra classe politica, fatta di persone troppo "vecchie", con un'immagine logorata da scandali e ruberie, magari di altri, ma comunque presenti.
Molti mi dicono che ci vogliono più giovani, più persone "sveglie", pronte a mettersi in gioco, a portare una "ventata di novità" nella politica italiana.

E poi a Torino vince Fassino?
D'accordo, è stato preceduto da un Chiamparino che non ha sfigurato nella gestione della cosa pubblica, almeno nell'immaginario popolare e che fa parte della sua area politica; certo, è appoggiato da lobby e sindacati che a Torino fanno il bello e il cattivo tempo; sicuro, ha una storia alle spalle relativamente "pulita".

Ma è un rappresentante della politica "vecchia" che nessuno vuole.
"Nessuno" ho detto? Comincio ad avere dei dubbi.

venerdì 11 marzo 2011

Tabula Rasa, prefazione di Giuseppe Lonero

Qualche anno fa, durante i miei primi passi nel mondo politico, ho conosciuto Giuseppe Lonero.
Beppe fa il consigliere comunale al comune di Torino, per "la Destra" di Storace.
Al di là delle opinioni politiche, sono rimasto colpito dal modo di porsi di questo giovane politico (è mio coscritto, quindi è ovviamente giovane!), che riesce a essere contemporaneamente autorevole e pacato, due atteggiamenti che, a giudicare dagli esempi forniti in ben più alto loco, sono in perfetta antitesi.
In occasione della pubblicazione di un libro che parla di politica, gli ho chiesto di dargli uno sguardo per controllare di non dire troppe stupidaggini. E lui non solo l'ha fatto, ma si è tanto entusiasmato per la storia che ha voluto scrivere una prefazione.
Purtroppo, per motivi squisitamente tecnici, questa non potrà essere aggiunta al libro, ma penso che sia molto interessante per cui ve la propongo qui, sul mio blog.

Quante volte abbiamo pensato “Bisognerebbe proprio fare tabula rasa”, dopo aver assistito all’ennesimo pessimo spettacolo ai quali sempre più spesso ci costringono i protagonisti della politica italiana?

Senza fare alcuno sforzo di memoria, molti risponderemmo “Tante!”, qualcuno direbbe “Tantissime!”, i più arditi urlerebbero “Sempre!”.

Perché l’uomo comune, che lavora e paga le tasse anche per chi non lo fa, che ascolta svogliatamente i telegiornali, che aspetta il fine settimana per vedere le partite di calcio, che parla con i figli solo quando gli chiedono i soldi per la benzina, percepisce i politici come qualcosa di negativo, perché corrotti, marci, arrivisti, privi di etica e di scrupoli.

Come si fa a dire a queste persone che se la politica vista da fuori è uno schifo, vista dall’interno (salvo rare eccezioni) è molto peggio? Sarebbe deleterio, perché darebbe loro la conferma che hanno ragione nel volere l’azzeramento della classe politica italiana, con l’intento di volerla sostituita con una più attenta ai problemi reali dei cittadini e della Nazione.

E forse con il desiderio di entrare a farne parte.

Come se in questo modo avessimo la certezza di debellare la corruzione, le promozioni “amicali” e non meritocratiche, i favoritismi, i clientelismi, gli sprechi, i privilegi, l’arrivismo.

Ma i politici, prima di essere tali, sono cittadini, alla pari di quelli che prima li eleggono e poi li criticano; sono cioè una parte di quella società che, una volta eletti, devono andare a rappresentare nelle Istituzioni.

La corruzione, i comportamenti dissoluti, l’esercizio del potere con arroganza e per fini personali, l’allontanamento dalla realtà quotidiana e dalle vere esigenze dei cittadini, il disinteresse per il bene della Nazione, il non sentirsi parte di una comunità, non sono elementi caratterizzanti solo della classe politica a tutti i livelli: sono oramai permeati con la nostra società, la caratterizzano e la definiscono. I modelli di riferimento sono, sempre più spesso, calciatori e veline, coloro che riescono ad arricchirsi in fretta e senza fatica, non importa se con mezzi leciti o no, se calpestando la propria dignità o no: l’importante è avere successo, soldi, potere, diventare personaggi televisivi, riuscire a partecipare al Grande Fratello.

Se davvero si vuole cambiare il mondo della politica e chi la pratica, bisogna fare tabula rasa dei falsi miti e dei facili costumi, bisogna fare la rivoluzione, non partendo dal mondo della politica, bensì cominciando dalla società. Una rivoluzione pacifica: la rivoluzione dello stile contro la moda. Una rivoluzione che faccia dell’etica comportamentale, in tutti i settori della società, non solo della politica, uno stile di vita.

Come tutte le rivoluzioni pacifiche, la rivoluzione dello stile non si realizza in poco tempo. Bisogna cominciare dalla famiglia in cui i genitori devono tornare ad essere esempio positivo per i figli, per passare alla scuola fino all’università, in cui i docenti devono essere esempio per gli allievi, fino al mondo del lavoro in cui il datore di lavoro deve essere esempio per i dipendenti: correttezza, rispetto per sé e per gli altri, spirito di sacrificio, senso del dovere, rispetto delle regole e della parola data, senso di responsabilità, valorizzazione dei meriti. Sono questi i comportamenti e gli insegnamenti positivi da trasmettere alle generazioni di oggi e di domani, con l’esempio, senza ergersi a maestri. Sono questi i comportamenti che ci si aspetta dai politici che rappresentano la società: se una società discinta e corrotta esprime politici discinti e corrotti, la società dello stile non potrà che esprimere politici etici.

Quanto è urgente cominciare a fare la rivoluzione pacifica dello stile, senza aspettare una rivoluzione cruenta che cambi, nel sangue, le cose: perché se le cose non cambieranno in fretta, prima o poi un rivoluzionario, sanguinario e arruffapopoli, arriverà e saranno dolori.

Per tutti, non solo per i politici!

Giuseppe LONERO

giovedì 10 marzo 2011

Tabula Rasa, pubblicazione imminente


Ciao a tutti,

finalmente, dopo un parto durato più di un anno, la mia nuova creatura è pronta per la pubblicazione.
La prossima settimana, proprio in occasione della nuova festa della Bandiera, "Tabula Rasa" sarà ordinabile presso tutte le biblioteche dell'universo, anche se non credo che su Marte ci saranno molte prenotazioni. :-)

La trama in breve.

Torino è concentrata sui festeggiamenti relativi al centocinquantenario dell'Unità d'Italia, quando un incendio distrugge la Sala del Parlamento di Palazzo Carignano (ecco il perché della copertina). Sulle prime sembra un atto isolato, ma in seguito Federica Conte e Giacomo Rizzo, che i miei fan conoscono bene, capiscono che la situazione è più complicata.
Il giorno precedente era stata distrutta la Torre Tonda del Castello di Salemi, in Sicilia. E il giorno successivo viene incendiata la Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.
Le tracce seguono i luoghi dell'Unificazione, puntando decisamente verso Montecitorio, a Roma.
I nostri due poliziotti, affiancati da un misterioso personaggio proveniente dalla Sicilia, si ritrovano a indagare nella Capitale, cercando di districarsi tra falsi amici e veri nemici pronti a tutto. Omicidio compreso.
Come se tutto questo non bastasse, Michele Polloni, commissario e amico dei due, è sparito misteriosamente, e non può aiutarli in nessun modo. Anzi, a quanto potrebbe sembrare è lui ad avere bisogno di aiuto.

Una serie di colpi di scena ci riveleranno chi sono gli artefici che hanno creato la Comunanza, la misteriosa società che ha sviluppato il progetto "Tabula Rasa", chi è veramente Tony Caruso e quali sono i suoi obiettivi, come avverrà l'attentato finale, e per quale motivo l'unico possibile testimone disposto a parlare, spreca i suoi ultimi istanti prima di svenire dicendo una parola assolutamente incomprensibile: "Blu".

Vi terrò informati sulle iniziative legate alla pubblicazione.

Ci si vede in giro.